Una nuova crisi umanitaria in Bosnia riapre le ferite della guerra
“Che cosa vedremmo se il confine lo guardassimo stando dall’altra parte?”
(Shahram Khosravi, Io sono confine)
Il primo giorno di libertà dall’assedio se lo ricorda bene, era il 5 agosto 1995. Bihać, la sua città al nordovest della Bosnia, al confine con la Croazia – incastonata tra i monti e attraversata dal fiume Una – durante la guerra era stata dichiarata dalle Nazioni Unite safe haven (area protetta) come altre cinque zone della Bosnia Erzegovina, ma non era né sicura né protetta. Bihać, Sarajevo, Tuzla, Goražde, Srebrenica e Žepa continuarono a essere bombardate e attaccate fino al 1995, senza che le Nazioni Unite intervenissero.
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