RaSta La Cooperazione in Rassegna - a cura del Fondo Milanese di Cooperazione Internazionale

02.12.2016 11:35
Il referendum costituzionale e la morte di Fidel Castro hanno offuscato le altre notizie dal mondo.
Proviamo a riprenderne alcune, (quasi) tutte unite da un filo rosso. Anzi, russo. 

 
 
Alle porte dei confini italiani: le primarie del centrodestra in Francia, la fragile situazione in Bulgaria, le condizioni dei profughi in Europa, l'infinita e devastante guerra in Siria.

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In Bulgaria, provata economicamente, si stanno consumando una grave crisi politica interna e una preoccupante crisi umanitaria per i profughi sul territorio. Ma anche per le decine di migliaia fermi al confine turco, le prospettive non sono rosee. Anzi. 


Partiamo dai 300 richiedenti asilo che avevano protestato per le condizioni dei campi bulgari in cui erano stati di fatto rinchiusi: una volta represse le sommosse, sono finiti in carcere. La preoccupazione dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati è stata raccolta da Vita.
Intanto, sul piano politico, la vittoria del neo Presidente socialista Rumen Radev ha provocato le dimissioni del premier conservatore, Boryk Borisov, la cui candidata alle presidenziali di metà novembre era uscita sconfitta. Falliti i tentativi di accordi tra le forze che compongono l'attuale parlamento, le elezioni politiche si fanno probabili. La paura degli osservatori europei è il rischio che il paese viri definitivamente a Est, riavvicinandosi ulteriormente alla Russia per ragioni sia politiche sia economiche. Il 29 novembre, la stampa locale riportava uno studio condotto in 5 Stati dell'area - Bulgaria, Serbia, Lettonia, Ungheria e Slovacchia - dal quale emerge che la Bulgaria è il Paese più condizionato da Mosca: il prezzo del gas naturale russo, ad esempio, è maggiore di almeno il 25% rispetto a quello della Germania. 
In questo quadro, ad avere la peggio come sempre sono gli ultimi che nel caso specifico sono i 50.000 profughi assiepati in territorio turco alla frontiera con la Bulgaria. A peggiorare la loro precaria condizione si è aggiunta infatti, il 24 novembre,  la risoluzione non vincolante con la quale il Parlamento Europeo chiede il congelamento dell'ingresso di Ankara nell'Unione. Il Presidente Erdogan ha allora minacciato l'apertura dei "cancelli" per far passare in Europa i profughi usati come armi da guerra. Come hanno raccontato Il Sole 24 oreAvvenire ed Euronews.
Il New York Times riporta gli ultimi sviluppi ma ripercorre anche i rapporti e gli accordi tra Ue e Turchia sui rifugiati e sui soldi concessi a Erdogan perché non li faccia arrivare nel Vecchio Continente.

Tornando al settore orientale dell'Europa, chi ha problemi con la Russia sono di sicuro la Polonia e l'Ucraina: il 30 novembre, sono state accusate dalla Duma di "voler riscrivere la storia". La tensione tra Mosca e Kiev si intensifica soprattutto in Crimea dove si preannunciano test missilistici ucraini nei prossimi giorni, con conseguente dispiegamento delle proprie forze di terra da parte della Russia.
In questa situazione di guerra sotto traccia permanente, gli ucraini scappano dal Paese: sono, per numero, la prima nazionalità tra i richiedenti asilo nella Repubblica Ceca dove, dicono le cronache, il 63% dei cittadini non vuole aprire le porte agli stranieri.  

La Russia rimane il filo conduttore anche nell'intricata matassa francese. "Fillon, l'amico di Putin", titola il settimanale centrista Le Point. Dopo aver vinto le primarie del centrodestra, deludendo chi si aspettava una sua sconfitta, Fillon sembra essere l'unico candidato a contrapporsi a Marine Le Pen, leader indiscussa della destra del Front National. Ma parte della sinistra transalpina, scrive Flavia Perina su Linkiesta, potrebbe scegliere di votare tra i due la Le Pen, piuttosto che l'ultraliberale antiabortista. Se invece vincesse Fillon, per Putin sarebbe un'altra tessera del suo puzzle dopo l'insperata vittoria di Trump.

La Russia, come sappiamo, sta giocando un ruolo importante nella guerra in Siria. Il 1° dicembre il sottosegretario generale delle Nazioni Unite, Stephen O'Brien, di nuovo ha lanciato l'allarme: Aleppo sta diventando un gigantesco cimitero.
"Aleppo, il peggiore massacro dalla II Guerra Mondiale", titola l'Indipendentbritannico.
Nelle stesse ore il Financial Times riportava di un incontro segreto ad Ankara tra i leader dei ribelli siriani e diplomatici russi. Vita ha fatto un focus sui civili.
Sul Corriere della Sera, Luigi Ferrarella ha scritto invece del sofisticato sistema di controllo venduto da un'azienda italiana al regime di Assad. 
 
Libia. E ancora Russia. 
Il Cremlino ha annunciato in settimana di voler costruire una base militare a Bengasi: sarebbe la prima piattaforma russa in Nord Africa, a soli 700 chilometri dall'Europa. Il 30 novembre, a Roma, l'ex premier libico Mahmud Jibril ha sostenuto che "la Russia avrà un ruolo cruciale, come lo sta avendo in Siria". Intanto la situazione economica e quella sociale della Libia sono scadute a livelli impensabili. Nell'accordo deciso in sede Opec per il taglio della produzione di petrolio, altro punto a favore della Russia come osserva Bernard Guetta su France Inter, la Libia è stata infatti lasciata fuori perché semplicemente è "sull'orlo del collasso finanziario", ha scritto il Sole 24 ore.  Ma cosa rimane di quello che era il paese una volta più ricco del continente africano? L'ONG International Crisis Group ha tracciato un drammatico quadro destinato a peggiorare: qui il rapporto di cui ha scritto il Post.  Un caos, dal quale diventato è più difficile uscire, racconta Nancy Porsia nel suo diario libico. 
 
I trattati internazionali di libero scambio nelle agende dei quattro angoli di mondo. 

Per il New York Times la recessione dall'accordo trans-Pacifico (TPP) paventata da Donald Trump andrebbe a tutto vantaggio della Cina e della sua influenza nella regione: lo sostiene un editoriale non firmato e quindi attribuibile alla direzione. Per il neo presidente americano, il trattato di libero scambio danneggerebbe i lavoratori statunitensi. Secondo il NYT, invece, "stimolerebbe le esportazioni, aiutando allo stesso tempo a contenere i danni ambientali e a migliorare gli standard di vita in paesi come Cile, Brunei, Perù, Vietnam". E, soprattutto, limiterebbe l'espansione di Pechino che già lavora all'alternativa, come rivela Il Manifesto.
Negli stessi giorni dell'alt di Trump al TPP, il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, era in visita ufficiale in Vietnam col quale l'Europa ha siglato un altro accordo commerciale. Su Il Sole 24 ore la cronaca e i contenuti dell'incontro ad Hanoi

 

 

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