Notizie, analisi e approfondimenti sull’America Latina e Caraibi, a cura di Federico Nastasi

04.10.2024 10:09

Assemblea Nazioni Unite: le voci dell'America Latina

Dal 24 al 30 settembre a New York si è svolta la 79° assemblea generale delle Nazioni Unite.

Il Presidente Lula ha rivendicato l’approvazione del Patto per il Futuro, un documento di indirizzo che propone una rifondazione del multilateralismo. Tra le molte proposte contenute nel testo, due - l'ampliamento del Consiglio di sicurezza ONU e la riforma delle istituzioni finanziarie multilaterali – sono richieste storiche del Brasile. L’Argentina, cosi come la Russia, Nicaragua, Venezuela, Bielorussia e l’Iran sono stati gli unici paesi a votare contro il testo.

Il Presidente argentino ha usato il palco del Palazzo di vetro per rilanciare un messaggio caro all’estrema destra globale e alla sue guerre culturali: la critica al multilateralismo e all’ONU, un "leviatano multi-tentacolare che impone un programma socialista ai suoi membri. Il collettivismo e il programma woke si sono scontrati con la realtà” ha detto Milei.

Il cileno Boric, in linea col profilo progressista democratico per il quale si sta caratterizzando, ha centrato il suo discorso sul rispetto dei diritti umani e la democrazia, criticando l’autoritarismo di Maduro in Venezuela e affermando che tra due barbarie, Hamas e Netanyahu, non vuole sceglierne nessuna.

Il Kenya ha promosso una risoluzione per espandere competenze e risorse della missione di sicurezza ad Haiti e una delegazione dell'isola caraibica ha incontrato presidente keniota Ruto.

Tra gli incontri paralleli, il Segretario di Stato statunitense Blinken e il Ministro degli Esteri colombiano Murillo, hanno presieduto una riunione ministeriale sulla Dichiarazione di Los Angeles su migrazione e protezione. Gli USA hanno stanziato ulteriori 685 milioni di dollari per aiutare i paesi della regione a gestire i flussi migratori. Dal 2025, la Colombia assumerà la presidenza del gruppo della Dichiarazione. Qui un approfondimento delle questioni latinoamericane trattate all’Assemblea.

Venezuela: Urrutia in Spagna, Parlamento europeo lo riconosce come presidente. Maduro si rafforza

Edmundo González Urrutia, candidato alle elezioni presidenziali in Venezuela, ha ricevuto asilo politico in Spagna. L’ex diplomatico, 74enne, ha lasciato il proprio paese, dopo aver ricevuto un mandato di arresto e denunciando di aver subito minacce.

Pochi giorni dopo il suo arrivo a Madrid, il governo Maduro ha pubblicato un documento firmato da Urrutia – durante un incontro nell’ambasciata spagnola a Caracas con alti funzionari del governo Maduro - nel quale l’ex candidato riconosce la vittoria di Maduro. Urrutia afferma di aver firmato quel documento sotto costrizione, il che rende nulla la sua firma. Il vicepresidente di Maduro, Diosdado Cabello – uno degli esponenti più duri del governo – smentisce questa tesi. La sua uscita dal paese è dovuta più a ragioni personali che a una volontà politica condivisa dall’opposizione. L'esilio di Urrutia indebolisce l'opposizione, poiché mina la posizione del presidente eletto, pronto a prendere il posto dell'usurpatore Maduro, il quale continua con la sua strategia di repressione interna e affari come al solito, sperando che il mondo si dimentichi del Venezuela.

Il 19 settembre, il Parlamento Europeo ha votato, con un'inedita alleanza tra centrodestra ed estrema destra, una risoluzione di condanna dei brogli elettorali, della persecuzione dell'opposizione democratica e per il riconoscimento González Urrutia come presidente eletto. Il Partito Socialista Europeo ha votato contro questa risolluzione poiché, benché non riconosca la vittoria di Maduro, ritiene controproducente riconoscere González Urrutia prima di essere riusciti ad ottenere la pubblicazione dei registri elettorali delle recenti presidenziali. Un segnale mostra che la strategia autoritaria e isolazionista di Maduro potrebbe essere efficace: ad agosto, un mese dopo le contestate elezionile vendite di petrolio venezuelano hanno raggiunto il valore più alto degli ultimi quattro anni.

La compagnia petrolifera statale PDVSA estrae ed esporta in joint venture con la statunitense Chevron. Chevron, che genera circa il 20% delle esportazioni nazionali di greggio e il 31% del reddito petrolifero totale del governo, difende la stabilità politica e sostiene de-facto il governo Maduro, secondo quanto scrive CFR. L'anno scorso, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha concesso al Venezuela di esportare liberamente il proprio petrolio, allentando le sanzioni imposte dall'amministrazione Trump dal 2019. Petrolio non olet.

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