La decisione di Strasburgo stabilisce che i governi che non agiscono sul clima violano i diritti umani. Mentre i Paesi del G20 continuano a finanziare le fonti fossili si avvicina la discussione sulla Legge sul clima.
di Ivan Manzo
I governi continuano a rimandare l’azione sulla crisi climatica: in questo modo stanno violando i diritti umani? La risposta è sì. Lo ha stabilito il 9 aprile la Corte europea dei diritti umani (Cedu) di Strasburgo in una sentenza che è stata giustamente definita “storica”. Per la prima volta la Cedu ha messo nero su bianco che i governi che non adottano le misure necessarie rispetto agli impegni che loro stessi hanno sottoscritto in sede di convenzioni internazionale in materia di contrasto al cambiamento climatico generano un rischio per la salute dei cittadini. Per il tribunale la Svizzera ha dunque violato i “diritti alla vita familiare” ed esposto le persone al "rischio di morte prematura durante le ondate di calore" a causa dell’inadeguatezza delle politiche messe in campo sulla base degli impegni presi. Ricordiamo che per l'Agenzia europea per l'ambiente saranno proprio le ondate di calore la principale minaccia per la salute umana nei prossimi anni nel vecchio Continente (solo nell’estate del 2022 hanno provocato la morte prematura di 60mila/70mila europei).
La Corte ha invece giudicato “inammissibili” gli altri due casi di controversia climatica che era chiamata a valutare, uno presentato da un ex sindaco francese contro la Francia e l’altro di un gruppo di giovani portoghesi, sconvolti dagli incendi del 2017, contro 32 Paesi europei.
"Sembra un risultato contrastante perché due dei tre casi sono risultati inammissibili", ha dichiarato Corina Heri, ricercatrice giuridica presso l'Università di Zurigo, dalle colonne del Guardian, "Ma in realtà è un enorme successo". Un successo dovuto al fatto che l’unico caso che richiamava l’attenzione sugli impegni presi a livello globale ha avuto esito positivo. Ecco perché la decisione della Corte europea sul caso KlimaSeniorinnen, nome del gruppo composto da 2400 donne svizzere anziane, potrebbe aver creato un precedente tale da innescare un effetto a catena nel modo in cui i tribunali internazionali affrontano la crescente ondata di climate litigation sostenute sulla base di violazioni dei diritti umani. Nei prossimi mesi i governi potrebbero dunque dover rispondere dell’inazione sulla crisi climatica, anche in Italia.
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