La Cina apre al papa la porta d’oriente
“Io, Matteo, venuto per mare dal grande occidente, entrai in Cina ammirando le nobili virtù del figlio del cielo dei grandi Ming e gli insegnamenti tramandati dagli antichi re. Dimorai al di là del monte dei Susini per diverse mutazioni di astri e di nevi”. Nel 1595, il gesuita Matteo Ricci si esprimeva così nel proemio che apriva il breve trattato dal titolo Dell’amicizia, scritto allo scopo di mostrare come tra la cultura europea e quella cinese vi fossero più punti in comune di quanto si potesse immaginare. L’opera, tra l’altro, ebbe un buon successo.
Oltre 400 anni dopo, la Santa Sede e Pechino hanno raggiunto il primo accordo per la nomina condivisa dei vescovi nel gigante asiatico dopo negoziati lunghi, faticosi, segnati da passi indietro, conflitti, progressi, opposizioni interne da entrambe le parti. Si tratta di un accordo “provvisorio”, così viene definito, suscettibile dunque di ulteriori miglioramenti e modifiche, un accordo necessariamente imperfetto e in fieri che tuttavia stabilisce un principio ben preciso: d’ora in avanti la nomina dei vescovi in Cina dovrà essere frutto di un comune accordo tra il papa e le autorità di Pechino.
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