Il 30 ottobre scorso si è tenuto a Barcellona un seminario internazionale di confronto tra giornalisti sulla traccia del Vademecum di DevReporter, la cui prima stesura era stata realizzata al Forum internazionale di Torino. Rompere la dicotomia tra giornalismo locale e giornalismo globale, variare i format e spezzare l'omogeneità, stabilire una relazione continuativa e corretta tra giornalisti e ong, usare nuove tecniche di comunicazione sono solo alcuni tra i punti emersi nel dibattito. Con sette proposte pratiche finali
di Niccolò Bruna e Simona Carnino, da Barcellona
Un brainstorming tra professionisti che da tempo si occupano dei temi dello sviluppo e della cooperazione internazionale ma anche tra giornalisti neofiti di questo settore ma avvezzi al mestiere da tempo, questo il confronto avvenuto a barcellona nella mattinata del 30 ottobre. Obiettivo: raccogliere il punto di vista dei giornalisti sui 10 punti della bozza di Vademecum DevReporter
I punti più rilevanti del dibattito:
- E' necessario rompere la dicotomia tra giornalismo locale e giornalismo globale, tra qui e là, è necessario portare al pubblico locale i temi internazionali senza farli sentire lontani ne irraggiungibili nella loro complessità. Come? Tra le cose dette, ad esempio, usare i personaggi ponte (il soccorritore catalano a Lesbos), le storie personali dei testimoni (umano come denominatore comune), affidarsi e fare uso di più ed in modo più costruttivo dei materiali prodotti dal basso, dai cittadini e media activists nei luoghi degli eventi.
- E' fondamentale la contestualizzazione delle informazioni. In generale i giornalisti hanno lamentato la condizione delle redazioni che costringono ad una polarizzazione delle notizie intorno all'avvenimento, e non permettono il tempo dell'approfondimento o quello dei viaggi nei luoghi degli eventi e della verifica delle fonti. Bisogna variare i format, creando anche spazi più lunghi di approfondimento, lavorando sul pubblico anche via social media e rompere un po' l'omogeneità che sembrano ormai avere tutte le pubblicazioni e trasmissioni radio e tv (per esempio sul tema dei rifugiati, case study e tormentone di questo seminario).
- Delicatezza del rapporto tra comunicazione ONG e giornalisti. Le ONG sono un grande supporto ma i giornalisti devono fare un altro tipo di lavoro. Le comunicazioni ONG e di agenzie devono servire per facilitare la comprensione dei fenomeni generali, mentre poco possono fare per la notizia d'attualità. I giornalisti hanno ribadito più volte che la comunicazione, generalmente svolta dalle Ong, è diversa dall'informazione che è il centro del lavoro dei giornalisti. Le due cose posso venirsi incontro, ma un giornalista cercherà sempre la notizia e non si limiterà a dare le comunicazione provenienti da una Ong che sarà, inoltre, sempre e solo una delle voci ascoltate su una particolare tematica. Il giornalista ha bisogno di incrociare più fonti, tra cui le istituzioni politiche, i cittadini di un luogo ecc. L'ong non può avere un peso predominante, come fonte, rispetto ad altri generatori di informazione. Da entrambi i fronti serve quindi serietà e collaborazione per fare un lavoro più utile e di maggior profondità, occasioni come le "colazioni stampa" e momenti di incontro ed accompagnamento alle notizie sono molto utili.-
- Viene ricordato che sul campo non ci sono solo le ONG come fonte e collaborazione, ma attori locali quali associazioni, cittadini, comitati, politici, stampa etc. etc. Questi vengono ascoltati e mostrati molto poco ed anche per questo l'informazione resta spesso superficiale. Pluralità Vs omologazione.
- E' necessario dare spazio anche a sguardi positivi sui temi, i contesti e sugli avvenimenti, ma non bisogna ridursi a fare un "giornalismo delle soluzioni" ma anche analisi delle cause. Necessario perciò che ci sia una specializzazione del giornalista rispetto ai temi d'intervento e la maturazione di un rapporto con gli uffici stampa ONG
- Il tema dei rifugiati è sembrato particolarmente adatto per condurre il filo della discussione perché è un problema difficile da contestualizzare e perché ha implicazioni etiche e di politica locale che mettono paletti e complicano il lavoro di informazione e di intervento diretto. Le carenze del sistema di informazione e dell'intervento delle ONG su questo tema sono emblematiche per capire la strada ancora da fare.
Ultimo, sono state presentate alcune proposte pratiche finali che in generale sembrano aderire bene ai punti emersi e agli obiettivi generali del vademecum:
-creare uno spazio di informazione tematica nei media (sia nord che sud)
-rinnovare il linguaggio e le tecniche di partecipazione del pubblico
-realizzare un glossario comune
-stilare un database online di collaboratori dei due ambiti
-creare un'autorità di controllo per l'applicazione del vademecum
-stendere, da parte delle ONG, delle guide di contestualizzazione dei fatti, soprattutto in casi di crisi
-abbracciare la logica dell'opendata, della trasparenza e della condivisione