Dall’inquinamento al dissesto idrogeologico, senza un cambio di rotta che punti sulla prevenzione i costi sociali ed economici saranno incalcolabili. Serve una visione generale per la difesa del territorio, da attuare con politiche coraggiose.
di Flavia Belladonna
“Da sessant'anni si parla di smog in Val Padana […] Le principali fonti sono traffico stradale, riscaldamento domestico, industrie, agricoltura. Per ripulire la miscela mefitica bisogna cambiare abitudini sbarazzandoci del ritornello che ciò implica danni economici. I danni a salute e clima non diventano poi sociali ed economici?”
Così Luca Mercalli, noto climatologo e divulgatore scientifico, va dritto al punto sul tema dell’inquinamento. Un argomento che è stato particolarmente al centro del dibattito nell’ultima settimana, dopo che l’Air Quality Index domenica 18 febbraio aveva posizionato Milano al terzo posto tra le città più inquinate del mondo, prima anche della città indiana di Delhi. L'attendibilità della classificazione è stata messa in discussione (come riportato anche da Il Sole 24 Ore), sia perché realizzata da una azienda svizzera che produce purificatori d’aria, sia per la metodologia che non offre una media annuale ma una classifica istante per istante. Ma dalla discussione che ne è scaturita una cosa è emersa molto chiaramente: le condizioni dall'aria in vaste zone del Settentrione rimangono pessime e non si sta facendo abbastanza.
Così mentre in Italia ci si scontra sulle misure da mettere in campo, l’Unione europea va avanti indicando la strada con una nuova normativa sull’inquinamento e passando la palla agli Stati membri, incluso il nostro, che dovranno ora decidere se procedere speditamente per proteggere la salute dei cittadini o prevedere “deroghe o clausole che possano giustificare ritardi nel raggiungimento degli obiettivi europei”, come sottolineato da Legambiente.
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