Dalle gesta di Fleximan contro gli autovelox all’abbandono dei sogni personali. Di fronte alla crescente chiusura nelle proprie convinzioni e nei bisogni immediati, per cambiare le cose ci vogliono fiducia e visione.
di Flavia Belladonna
Secondo una indagine Coop sulle aspettative degli italiani per il 2024, circa una persona su tre dichiara di aver rinunciato ad acquistare casa o a cambiare lavoro. Vorrebbe, ma già sa che non lo farà. E tra i giovani 20-40enni, oltre la metà si dichiara per nulla interessata a diventare genitore, mentre un ulteriore 28% vorrebbe un figlio, ma già prevede che non sarà possibile. Interrogati sullo stato d’animo con cui si inizierà l’anno, nonostante una certa inquietudine per le tensioni geopolitiche, l’instabilità economica e i cambiamenti climatici, tra i sentimenti dominanti dei cittadini trovano posto la serenità (33% degli intervistati) e l’accettazione (28%). Così, in un clima tra il positivo e l’amaro, si abbandonano sogni e progetti futuri.
In un contesto di incertezza in cui molte opportunità di miglioramento della qualità della vita sono limitate, una fotografia del genere non dovrebbe sorprendere. Eppure, questi dati hanno lasciato dell’amaro in bocca anche a me. Un amaro che dovrebbe mettere in allarme un po’ tutti, perché senza progettualità per il futuro non c’è cambiamento. Se rinunciamo a inseguire i nostri progetti o peggio ancora a realizzare nuovi progetti, come potremo dare una direzione ai nostri passi? Se smettiamo di credere nel futuro che vogliamo o non riponiamo sufficiente fiducia e impegno, come potranno “cambiare le cose”? Si tratta di un tema che riguarda tanto le persone quanto la politica.
|