Ricorderemo questa estate per gli incendi, le ondate di calore e i nubifragi che stanno colpendo l’Italia e il resto del mondo. Potrebbe essere anche l’estate della presa di coscienza collettiva sull’urgenza di agire per contrastare i cambiamenti climatici e cominciare a riflettere sulle loro conseguenze sociali. Non a caso il presidente Sergio Mattarella, durante il suo intervento all’incontro con i componenti dell’Associazione stampa parlamentare per la tradizionale consegna del ventaglio, ha affermato:
Occorre assumere la piena consapevolezza che siamo in ritardo. Bisogna agire da una parte incrementando l’impegno a salvaguardia dell’ambiente e per combattere le cause del cambiamento climatico. Sappiamo che sarà un impegno difficile, su scala globale, e i cui effetti vedremo nel tempo. Dall’altro lato è necessario operare già oggi per contenere gli effetti dirompenti di questi cambiamenti.
Un’urgenza sottolineata anche dal segretario generale delle Nazioni unite, António Guterres: “Il cambiamento climatico è qui. È terrificante. Ed è solo l’inizio. L’era del riscaldamento globale è finita, è iniziata l’era dell’ebollizione globale”. La dichiarazione arriva dopo la pubblicazione di alcuni dati che mostrano come luglio potrebbe essere stato il mese più caldo mai registrato dal 1979 e a seguito dell’allarme degli scienziati preoccupati di come stiamo entrando in un “territorio inesplorato”.
Le conseguenze del cambiamento climatico appaiono sempre più evidenti, ma una parte della società continua a mostrare insofferenza ai temi legati al clima e allo sviluppo sostenibile. In questo contesto si inserisce la lettera aperta firmata da cento scienziate e scienziati, tra cui il premio Nobel Giorgio Parisi, oltre che dal direttore scientifico dell’ASviS Enrico Giovannini, e rivolta ai media con la richiesta di parlare delle cause e delle soluzioni alla crisi climatica. Nella lettera si legge:
Non parlare delle cause dei sempre più frequenti e intensi eventi estremi che interessano il nostro pianeta e non spiegare le soluzioni per una risposta efficace rischia di alimentare l’inazione, la rassegnazione o la negazione della realtà, traducendosi in un aumento dei rischi per le nostre famiglie e le nostre comunità, specialmente quelle più svantaggiate.