La vera partita del Paese si gioca sulla capacità di valorizzare il potenziale dei giovani. È tempo di scelte coraggiose a sostegno della famiglia, del lavoro e dell’inclusione.
di Andrea De Tommasi
Vedo in giro tanta confusione, l'Italia di oggi sicuramente mi sembra una società a basso tasso di relazioni interpersonali e ad alto tasso di egocentrismo, una società che invecchia, che invoglia i giovani ad andarsene.
Nella sua intervista al Corriere della Sera, il presidente del Censis Giuseppe De Rita ha parlato dell’Italia come di un “Paese senza un’idea di futuro”, esortando a uscire da un “galleggiamento che si prolunga da tempo”.
Tanto per dare un’idea delle dimensioni della denatalità, gli indicatori demografici dell’Istat relativi al 2022 segnalano come in Italia le nascite siano precipitate sotto la soglia delle 400mila unità, a 393mila. Con meno di 7 neonati e più di 12 decessi per mille abitanti, la natalità nel nostro Paese non è mai stata così bassa.
Linda Laura Sabbadini su Repubblica ha ricordato che non è stato un crollo improvviso (il calo era iniziato negli anni ’70), ma che è diventato negli anni gravemente strutturale.
Sono tanti i motivi che spiegano il valore più basso di nascite nel 2022. Ma ha contribuito non poco la cecità politica di chi ha governato per decenni, senza capire che le politiche di genere dovevano essere centrali, reali e non pink washing.
Sarebbe sbagliato attribuire le causa della natalità a un solo fattore. D’altra parte le scelte di fare figli sono personali e non possono essere ovviamente influenzate. Fa impressione però il dato relativo al divario tra il numero di figli desiderato e quello effettivamente realizzato.
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