Fake news, interessi dei produttori di fossili e politiche poco concrete rischiano di rallentare la transizione, ma la scienza ci spiega perché le auto elettriche non sono “follie green”. Di fronte al Pniec, le associazioni ambientaliste chiedono al governo piani più ambiziosi e realistici.
di Flavia Belladonna
“I veicoli elettrici sono vicini al tipping point, ovvero il punto di svolta per l’adozione di massa”, si legge sul Guardian. La Cina, che traina il settore, questo lo ha capito bene. L’intero mercato cresce a ritmi sostenuti, eppure persistono diverse forti resistenze, anche perché l’auto elettrica presenta una serie di ostacoli evidenti anche ai cittadini, come la durata delle batterie e i costi di acquisto più elevati rispetto alle vetture tradizionali, anche se i costi di gestione sono nettamente inferiori a queste ultime. Il futuro della mobilità su gomma è dunque elettrico oppure siamo di fronte a un’ideologia green irrealizzabile?
Come siamo soliti fare in ASviS, proviamo ad affrontare la questione a partire da dati, studi ed evidenze scientifiche, limitandoci qui al solo settore automobilistico e non a quello “automotive”, che comprende anche le moto e i veicoli commerciali, leggeri e pesanti. Inoltre, ci concentriamo sulle automobili private, ma va notato che la transizione ad una mobilità sostenibile implica un profondo cambiamento del sistema complessivo della mobilità pubblica e privata, soprattutto nelle aree urbane.
Sulle vetture elettriche ci sono alcune sfide reali, che richiedono un forte impegno da parte del governo, ma anche del sistema industriale, a fronte di vantaggi evidenti sul piano ambientale. Accanto a tali sfide, esiste una notevole quantità di propaganda politica, ma anche da parte di soggetti economici che hanno interessi in questo settore, che hanno reso il dibattito su questo tema estremamente confuso e basato spesso su fake news. Proviamo ad andare con ordine.
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