Comunque finisca questa guerra, ci sarà gente nel mondo che avrà fame: l’impatto della crisi su economia e classi più deboli sarà avvertito a lungo in tutto il Pianeta. L’Europa deve avere il coraggio di entrare in una Nuova era.
di Donato Speroni
Per ora sappiamo che non bastano tanti McDonald's e tante Ikea, si è rivelata sbagliata l'idea che la progressiva unificazione degli stili di vita e dei simboli culturali, unita alla travolgente forza dei commerci, avrebbe reso piatto e pacifico il mondo.
Sul Corriere della Sera, Dario Di Vico prende atto che il sogno di un mondo in pace, basato sui commerci e sulla omogeneizzazione dei consumi è stato infranto dalla invasione russa dell’Ucraina. Non solo le sanzioni tagliano fuori i russi da quei consumi “occidentali” tanto amati dalla classe media, ma tutta la dinamica conseguente alla guerra porta a un ripiegamento, alla ricerca di nuove sicurezze negli approvvigionamenti, ove possibile a riportare a casa le produzioni essenziali perché non ci si fida più gli uni degli altri. In una parola, a una frammentazione del modello economico.
Il mondo però non può tornare indietro. È diventato più piccolo, più interconnesso. Se il battito di una farfalla in Brasile può scatenare un tornado in Texas, come dicono i cultori della teoria del caos, a maggior ragione gli effetti di una guerra sono avvertiti in tutto il Pianeta, a cominciare dall’impatto finanziario ed economico.
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