Aumentano gli investimenti in rinnovabili, ma crescono anche i finanziamenti alle energie fossili. In Italia il decreto aree idonee preoccupa gli esperti. ASviS: “Accelerare e investire subito nella transizione conviene”.
di Ivan Manzo
Nella cornice pugliese di Savelletri di Fasano, sabato 15 giugno si sono chiusi i lavori del G7 a guida italiana. Per tre giorni i capi di Stato di Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, più la rappresentanza dell’Unione europea, hanno discusso di intelligenza artificiale, energia, diritti, migrazione e commercio, su uno sfondo multilaterale lacerato dalle guerre in Ucraina e in Medio Oriente, dagli effetti della crisi climatica e dalla crescente ondata globale di nuove e vecchie disuguaglianze. Le 36 pagine del documento finale, analizzate anche nella rubrica dell’ASviS “Europa e Agenda 2030” e discusse durante l’ultima puntata di Alta sostenibilità, rimandano a decisioni ereditate da processi negoziali del passato e, in generale, non contengono grosse novità se non quella sull’uso dei profitti maturati dagli asset russi. Nel caso l’Ucraina non riuscisse a ripagare i 50 miliardi di euro di prestiti destinati alla ricostruzione e alle attività belliche, il G7 ha stabilito che i Paesi finanziatori possono rivalersi sui fondi russi congelati negli istituti di credito europei. Per quanto riguarda la guerra di Gaza, è stata confermata la volontà di portare avanti il piano di tregua tra Hamas e Israele avanzato dagli Stati Uniti, e viene rilanciato il sostegno alla soluzione del “due popoli due Stati”.
Poche novità anche sull’energia e sul clima. I Paesi hanno perso un’altra opportunità per definire una roadmap chiara e trasparente sull’uscita dai combustibili fossili, ribadendo ancora una volta che non hanno intenzione di rinunciare al gas, almeno per gli anni a venire.
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